Gianfranco Stevanin

BILANCIA

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Gianfranco Stevanin, figlio di contadini benestanti della provincia di Padova, è un italiano al cento per cento. E un serial killer. Del tipo più classico. Le sue vittime sono prostitute o donne incontrate per caso a cui offre soldi per farsi fotografare nude. Si presenta bene, è tranquillo, sembra in tutto e per tutto un ragazzo per bene. Le donne si fidano, e sbagliano perché Stevanin è un predatore, non troppo diverso da quelli statunitensi di cui sentiamo tanto parlare nei telegiornali, nei film o nei romanzi e che ci sembrano appartenere a un mondo lontano. Stevanin non è lontano, è qui dietro.

 Ogni tanto penso che le nostre nonne non facevano male a mettere in guardia noi ragazze su coloro che ci offrivano caramelle per strada, oggi non sono più caramelle, ma la sostanza non cambia.

 Gianfranco Stevanin cresce in una famiglia iperprotettiva che per preservarlo dai pericoli della campagna lo mette in collegio fino al primo anno di superiori. A sedici anni ha un brutto incidente di moto, perde il casco e batte la testa. Viene operato al cervello e resta in coma per un mese. Quando si riprende gli resta una brutta cicatrice, crisi epilettiche e una scarsa capacità di concentrazione che gli fa decidere d’interrompere gli studi.

 La famiglia del ragazzo sta bene e lui non ha problemi di soldi, vive nella casa di famiglia e coltiva la passione della fotografia. Sembra in tutto e per tutto un ragazzo normale finché il 16 novembre 1994 una ragazza scappa dalla sua auto al casello di Vicenza ovest e corre verso una pattuglia della polizia, in servizio sul posto. Si chiama Gisele Musger, austriaca, Stevanin viene fermato. Gisele racconta di essersi fidata di questo ragazzo dall’apparenza per bene che le ha offerto soldi per farsi fotografare nuda. Lui l’ha portata in un cascinale dove l’ha legata, violentata, e ha fatto con lei tutto quello che gli passava per la testa finché alla ragazza non è venuta un’idea: gli dice che ha venticinque milioni di lire in casa e che lo può accompagnare a prenderli se li vuole. Lui esita poi accetta. La carica in auto, ormai è quasi l’alba, quando si ferma per pagare il pedaggio lei coglie l’occasione e scappa.

Il cascinale viene perquisito, trovano ogni genere d’oggetto erotico, capi di intimo femminile, riviste, videocassette, cinghie, vibratori, sacchetti contenenti peli pubici. E settemila fotografie, tutte le sue donne.

 Stevanin, che allora ha 34 anni viene condannato con rito abbreviato a tre anni e quattro mesi per il sequestro e la violenza a Gisele.

 Il 3 luglio del 1995 sta per essere messo agli arresti domiciliari dopo sette mesi di carcere quando un uomo trova in un campo di proprietà della famiglia di Stevanin un tronco di donna, senza braccia, testa o gambe. Stevanin resta in carcere e adesso si fa sul serio.

 Casa, casolare e terreno circostante vengono perquisiti e rivoltati come un calzino. Si scopre che questo ragazzo tanto per bene ha ucciso di sicuro almeno sei donne, quattro identificate, Blazenka Smoijo, Biljana Pavlovic, Claudia Pulejo, e Roswita Adlassing di cui sono stati ritrovati i resti, ma non il corpo, e altre due: una ragazza di cui si è ritrovato il corpo, ma a cui non si è riusciti a dare un nome e un’altra di cui esistono solo delle foto.

 Il processo si apre il 6 ottobre del 1997 e il dibattito non è sulla sua colpevolezza, che è più che certa, ma sulla sua capacità d’intendere e di volere, compromessa secondo la difesa dall’incidente capitatogli a sedici anni. Dopo ore e ore di dibattimento il 28 gennaio 1998 Stevanin viene condannato all’ergastolo. Nel 1999 la Corte d’Assise d’Appello di Venezia ribalta il verdetto dichiarando Stevanin non punibile per i reati di omicidio perché incapace d’intendere e di volere, e la condanna passa dall’ergastolo a dieci anni di manicomio criminale. Nel 2000 viene richiesta una nuova perizia psichiatrica e la macchina giudiziaria riparte. La corte di cassazione di Roma annulla la sentenza della corte di Venezia per “Illogica motivazione”. Nel 2002 la Suprema Corte mette la parola fine a tutta la vicenda confermando l’ergastolo che Stevanin sta scontando in carcere.

 Gianfranco Stevanin nasce a Montagnana in provincia di Padova il 2 ottobre 1960 alle ore 17.

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Il Sole si trova in Bilancia, da solo, Venere e Mercurio si trovano in Scorpione. Questo suggerisce una personalità indipendente, in grado di gestirsi da sola e che non sente il bisogno degli altri per stare bene con sé stessa. La Bilancia è un segno d’aria, equilibrio, giustizia, senso del bello, eleganza sono le sue parole chiave. Stevanin si presentava molto bene alle sue vittime, era rassicurante, ben vestito, educato, sapeva parlare e convincere tanto da farsi seguire sia da prostitute di professione, sia da ragazze normali, studentesse.

 Il Sole in Bilancia è quadrato sia a Saturno in Capricorno che a Marte in Cancro e non fa altri aspetti con gli altri pianeti del tema natale. E’ un Sole che fa fatica a esprimersi liberamente, a trovare la propria indipendenza dai legami famigliari, opprimenti.

 L’ascendente si trova in Pesci e in Pesci è anche la Luna, ma in casa Dodicesima. Fondamentale nell’evoluzione di Stevanin sembra essere stato il rapporto con la madre che nel tema natale appare subito conflittuale, descritto dall’opposizione della Luna in Pesci a Plutone in Vergine. La madre è così preoccupata che per proteggere il figlio lo allontana da sé, Gianfranco trascorre la sua infanzia e adolescenza in collegio, dove il collegio è visto dai genitori come un luogo sicuro, di protezione.

Marte si trova in casa quarta in Cancro opposto a Saturno in undicesima. La vita in famiglia non doveva essere molto pacifica, ma i conflitti covavano sotto le ceneri, espressi sempre in modo indiretto o non espressi del tutto.

 La passione di Stevanin per la fotografia possiamo riscontrarla in Plutone in Vergine in casa sesta, le fantasie sessuali contorte, che non aveva problemi a mettere in pratica, sono espresse da Venere e Nettuno congiunti in Scorpione in casa ottava.

 Gianfranco Stevanin era un ragazzo sensibile e intelligente, ma ha superato il limite e genitori e vicini di casa non hanno mai avuto sospetti. Ora è in carcere, ma è sempre meglio continuare a ricordare che è più sicuro non accettare caramelle dagli sconosciuti.

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